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LETTERA DI UN PROF. UNICT

Oggi riflettevo sul percorso che ho sempre impostato sin dalla mia prima lezione. La linea, non sempre retta, che porta dal rispetto alla fiducia. Ho sempre pensato che, per ricevere rispetto, lo si debba prima offrire. Si saluta per primo per essere salutati. Così come si arriva puntuali ad un appuntamento per pretendere la puntualità altrui, ecc. Mi sono chiesto cosa significasse rispetto: stima, apprezzamento, riguardo ... Cosa è il rispetto? Dal latino re-spectus, infinito re-spicere. Dove re=indietro e spicere = guardarsi. Si procede sempre guardando avanti, ma il rispetto è quel momento di dubbio, di ricerca, di riflessione nell’ambito del quale ci si ferma un attimo. Voltandoci indietro, abbandonando per un istante la prospettiva della nostra corsa, si apre tutto ciò che sta dietro. Il rispetto non si addice ad usi eclatanti, orgogliosi e cerimoniali; è un fenomeno intimo, di volizione spontanea. Non si può chiedere. Chiedendo, si può suscitare stima, riguardo, ma il valore del rispetto sta in quell’istantanea, spontanea, intima volontà di voltarsi indietro.

L'ARTE DELLA CONTRADDIZIONE

Una donna tormentata, sofferente ma raggiante: Frida Kahlo nasce nel 1907, e realizza nella sua carriera circa duecento dipinti, la maggior parte autoritratti, i quali suscitano in chi li osserva emozioni e sensazioni contrastanti: dolore, amore, disagio e forse, paura. La pittrice messicana afferma: “Dipingo ciò che mi passa per la testa”. Tutti conoscono Frida per la sua determinazione, il suo carattere forte e la sua personalità singolare ed esuberante: ma era davvero così? Frida è una delle figure più apprezzate e al contempo discusse di sempre nel mondo dell’arte, e non solo. La sua storia è sempre caratterizzata da contrapposizioni: la sua grande allegria e solarità, la sua risata gioiosa e i suoi abiti sgargianti tipici della cultura messicana, si contrappongono al suo dolore fisico, conseguenza del suo incidente a diciott’anni, che le provocò terribili ferite alla spina dorsale, ma soprattutto, come da lei testimoniato, dal dolore emotivo causato dal marito, Diego Rivera. Suo marito, muralista, era fedele al suo lavoro, ma non lo era altrettanto con la moglie: qui una seconda contraddizione della vita di Frida. Lei infatti, era tormentata dalla paura dell’abbandono del marito, contrapposta al bisogno di indipendenza, come dimostrato dalla singolare abitazione della coppia: essi infatti vivevano in un’unica casa, costituita da due edifici separati ma uniti da un corridoio esterno, che simboleggia il bisogno di indipendenza, senza la quale sarebbe stato impossibile, secondo l’artista, rimanere uniti. L’artista soffriva anche a causa dell’impossibilità di diventare madre, dovuta dall’incidente e la conseguente frattura del bacino. Essa amava oltremodo suo marito, nonostante numerosi tradimenti che li portarono al divorzio, per poi risposarsi l’anno successivo. La sua debolezza si contrappone ancora una volta alla forza, dimostrata nel 1953, alla sua prima esposizione dei dipinti in Messico, in cui nessuno si aspettava di vederla: nonostante i malesseri e i dolori, decise di presentarsi alla mostra, dopo un trasporto in barella, e di farsi adagiare su un letto che era stato preparato e decorato per lei. Frida non si fa fermare dai suoi dolori, delle sue paure più profonde e tenebrose, ma impara a trasformarle in arte, prendendo in considerazione tutti gli aspetti della sua vita: in lei si contrappongono l’amore e la paura, la debolezza e la forza di una donna, un’artista, che ancora una volta, qualche giorno prima di morire ci grida: “Viva la Vida”.

MUSI-CAN(t)I

Cosa ti viene in mente se ti dico “musica”? Secondo uno sguardo tecnico parliamo dell’arte di ideare e produrre suoni semplici o complessi attraverso l’utilizzo di strumenti musicali o della voce. Ma fermarci qui sarebbe riduttivo. Pensa che ci sono fonti che attestano che la musica sia nata in Africa quando le prime comunità umane iniziavano ad espandersi sul globo. Parliamo di un aspetto culturale universale che nasce e cresce insieme all’uomo. Platone afferma che la musica arricchisce l’animo, attribuisce alla stessa una funzione educativa, come la matematica. Nel Cristianesimo, invece, si fa strada il canto, perché lo stesso Cristo viene descritto come un cantore insieme ai suoi discepoli. Nel Medioevo nasce la scrittura diastematica, una scrittura che permette di indicare le diverse altezze delle note da intonare, fino ad approdare alla notazione musicale da cui nasce lo spartito a partire dal IX secolo. Il resto è storia, e chi ha avuto il beneficio di avere genitori amanti della musica sa bene di che parlo. Ma allora che ti viene in mente? In me la musica identifica i miei ricordi. Un po’ come la madeleine di Proust. Riesce a scalfire ogni istante dandogli unicità. Mi calma nei miei cinque minuti, fornisce la carica a inizio giornata, mi fa piangere per la fine di un amore. Conosce e fa emergere gli aspetti più profondi della mia anima e nemmeno me ne accorgo. Mi fa ballare e cantare alleggerendo il peso di un periodo faticoso. Pensa che puoi anche crearla così che qualcun altro possa riflettere e intrecciare le sue emozioni con le tue, un po’ quello che fanno i nostri amati cantautori. La mia te l’ho detta, ora pensaci tu.

MERRY F*CKING CHRISTMAS

Larry Joe Bird, meglio noto come Larry Legend, ha rappresentato per l’NBA negli anni ‘80/‘90 il “bianco più stronzo d’America”. Larry nasce nella piccola e arretrata cittadina di West Baden Springs (Indiana), dove la sua passione consiste nell’imballare e impilare balle di fieno (vincitore della competizione cittadina per chi ne impilava di più) e tirare nel canestro non regolamentare nel retro del capannone del padre. Inimmaginabile che quel ragazzotto di campagna, così timido e introverso, sarebbe diventato una delle stelle più brillanti della storia NBA. Ha giocato dal 1978 al 1992 con il numero 33 per i Boston Celtics, vincendo 3 campionati NBA e molti altri premi. “Larry giocava a scacchi mentre il resto della Lega giocava a dama”, Tom Heinsohn. Il giocatore rappresentava una minaccia a tutto tondo per gli avversari: infatti, oltre ad essere un grande talento offensivo, è ottavo nella storia per palle rubate, ma soprattutto era un tiratore da tre. Vinse la gara dei tre punti per 3 volte consecutive (tutte le volte che lo invitarono). La terza volta, in particolare, arrivò in ritardo alla competizione, guardò sprezzante i suoi avversari e chiese: “chi arriverà secondo oggi?” per poi vincere in maniera schiacciante la competizione, senza manco togliere la felpa della squadra... Sono moltissimi gli aneddoti riguardanti Bird, come quella volta che rovinò il Natale al povero Chuck Person. La sciagurata guardia degli Indiana Pacers doveva disputare la partita di Natale del 1990 contro i magici Celtics di Bird e, prima del match, in una conferenza, disse ai reporter che sarebbe andato a caccia di uccelli la sera (“Bird Hunting”), con chiaro riferimento a Larry. Il 33 non la prese alla leggera, così, prima dell’inizio della partita, sussurrò all’orecchio del povero Chuck: “ho un regalo per te”. In realtà, non ne aveva solo uno, ma ben 22 (punti segnati quella sera). Durante la partita, Person non era riuscito a fare molto e stava seduto in panchina, quando Larry tirò una tripla dall’angolo proprio davanti a lui e, ancora prima che la palla entrasse, si girò verso Chuck Person, urlandogli: “MERRY FUCKING CHRISTMAS”... canestro perfetto

THE BEAR, gestione dello STRESS

Carmy è uno chef del mondo dell’alta cucina che, a seguito del suicidio del fratello, torna a Chicago per gestire il ristorante di famiglia. Le sue manie di controllo e perfezionismo devono allora fronteggiare uno staff indisciplinato. Nel suo precedente posto di lavoro, invece, Carmy subiva continuamente denigrazioni e umiliazioni. Nel mondo della ristorazione stellata, di fronte anche al minimo dettaglio fuori posto la tensione raggiunge livelli insopportabili. Carmy tenta di trasporre nel piccolo ristorante di famiglia la rigidità che lo contraddistingue; una rigidità che, per lui, è come una famiglia da cui tornare: una famiglia della cui disfunzionalità non sei, però, pienamente consapevole, una famiglia che opprime, che toglie il respiro. A un certo punto, Carmy vede la cucina bruciare e la osserva attonito: il suo successo lo ha alienato, lo ha imprigionato. Se solo lui la lasciasse bruciare, l’ansia andrebbe via in un soffio. Quasi non si accorgerebbe di tutto il dolore che gli ha creato: il mondo sarebbe finalmente silenzioso. L’ansia di Carmy non è dissimile da quella di noi studenti: ogni esame superato lascia il posto al successivo e poi al seguente e poi a quello ancora dopo e così via, come una catena i cui anelli sono saldamente connessi l’uno all’altro. Quindi, è come se ogni piccola vittoria ti rendesse prigioniero: vuoi sempre di più, respiri e vivi al solo scopo di ottenere ancora del carburante che continui a nutrire la tua autostima. The Bear è la storia di un successo bramato ma pesante, insopportabile. Di una vittoria che non ti affranca mai dal pensiero di non essere ancora abbastanza: abbastanza bravo, abbastanza forte, abbastanza solido. Hai ottenuto ciò che volevi: perché allora non sei felice? Perché, nonostante tu abbia raggiunto lo scoglio che ti sembrava insormontabile, hai capito che, nascosto strategicamente lì dietro, con un sorriso beffardo sulle labbra, c’era lo scoglio ancora più grande, che ti aspettava (im)paziente: quello scoglio a cui tu non avevi neanche pensato, ma che adesso si è sbloccato assumendo confini nitidi, proprio come il nuovo livello di Super Mario Bros, a cui hai accesso solo dopo aver sconfitto il mostro più spaventoso del precedente, ma meno spaventoso del successivo. Ma le cose non devono andare per forza in questo modo: ogni piccola vittoria non deve necessariamente presentare una intrinseca doverosità futura, un implicito patto a fare di più, a fare meglio. Una vittoria è, magari, semplicemente una vittoria: riconoscitela.

L'ABITO NON FA IL MONACO...però l'avvocatessa...

La parola chiave per la tipica giurista di Unict è: cura. La ragazza di giurisprudenza la riconosceresti tra mille di diverse facoltà. Lei è ordinata, i suoi capelli sono castani, lunghi e ondulati. Vorrebbe essere bionda, ma poi sembrerebbe troppo superficiale, forse pure un po' banale. Essere mora le si addice: ispira affidabilità, serietà e compostezza. La nostra giurista avrà sicuramente visto un centinaio di volte “Il diavolo veste Prada” e sa con certezza che il modo in cui si veste influenza profondamente la concezione che gli altri hanno di lei. Nel suo guardaroba, troveremo certamente giacche di ogni colore e altrettante camicie: chiaro segno di emancipazione femminile. Fu Coco Chanel a sostituire i corsetti femminili con le camicie proponendo un look essenziale e un taglio maschile. Madame Chanel sosteneva che “la vera eleganza non può prescindere dalla piena possibilità del libero movimento” e questo la nostra giurista lo sa e indossa jeans o pantaloni Wide leg: comodi, alla moda e ideali per slanciare la figura. Se i più temerari indossano le Birkenstock, sicuramente le più temerarie usano le borse in tela. Vedendole, potresti pensare che studino ai Benedettini... Nulla di più sbagliato! Anche loro fanno giurisprudenza e la loro borsa in tela è un chiaro e lampante indicatore dei loro ideali politici che mostrano con fierezza. Alla giurista non possono mancare, di certo, svariati anelli al dito, punti luce o collane di perle che, in mezzo al suo look serio, donano un tocco di luce e femminilità. Irrinunciabili le Converse: rigorosamente bianche o nere, alte e platform. Nel tragitto dai tavoli di Roccaromana alle macchinette, lascia sempre una scia di profumo, a qualsiasi ora del giorno. Lei si sveglia presto, frequenta le lezioni, studia il pomeriggio a Roccaromana e, inspiegabilmente, dopo un intero giorno fuori, profuma incantevolmente di gelsomino e vaniglia. Al primo impatto, la nostra studiosa di diritto potrà sembrare snob, ed effettivamente, all’inizio, mostra consapevolmente un certo distacco nei confronti dell'altro: è diffidente. Ma, attenzione, miei cari lettori, non lasciatevi ingannare dalle apparenze! Aldilà della sua voce particolarmente acuta e dei i suoi toni forti (a tratti saccenti), si cela un cuore d’oro e un’anima appassionata e intrigante. Infine, mi rivolgo a te, mio caro giurista. Ricorda: se una giurista ti tende la sua mano, accoglila: sei fortunato, perché, quando la conoscerai, scoprirai un mondo meraviglioso e ne resterai incantato.

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