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“Ognuno ha quel che si merita” è il titolo di una canzone di Fabrizio Moro, uno dei cantanti che più apprezzo e i cui testi mi colpiscono sempre di più. Eppure, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, nella mia mente si illumina questa frase e mi chiedo, anzi vi chiedo, veramente “ognuno ha quel che si merita?”. Tutti meritano tutto? Pochi meritano tutto? Nessuno merita tutto? Soltanto (o addirittura) il 52% dei catanesi ha votato. Come giudichereste quest’affluenza? A casa mia, è stata oggetto di un confronto generazionale: per mio padre, da sempre interessato alla politica, si è trattato di un successo; per me, invece, che sono un’ “inguaribile sognatrice”, è stata una mezza sconfitta. Mi guardo intorno e penso “1 persona su 2 non ha votato” e mi interrogo sulle mie responsabilità, cioè “mie” in quanto appartenente ad una comunità, quella catanese. .Dunque, se quest’amministrazione produrrà i risultati da chiunque – penso – sperati, da chi saranno meritati? Da tutti o solo dai componenti del famoso 52%? Giudizio troppo labile per poter definirlo... Piuttosto, però, possiamo porci una sfida: un incremento al 72, all’82 e, perché no, al 92%. Il voto è il primissimo strumento di responsabilizzazione della cittadinanza. Chi non vota, chi non esprime una preferenza, ha perso in partenza e mai potrà salire sul “carro dei vincitori”. Oppure lo farà comunque. La rappresentanza attuale è espressione soltanto della metà della cittadinanza o, volendo considerare la maggioranza di quel meraviglioso rapporto dialogico che è la democrazia, è espressione soltanto di una minoranza: la maggioranza in seno al Consiglio comunale è stata scelta da una minoranza di catanesi. Discorso contorto, lo so. Avrei potuto scriverlo meglio? Senza ombra di dubbio. Ciononostante, più leggo le mie parole, più mi convinco dell’esistenza, accanto al diritto/dovere di voto, di una posizione soggettiva di spettanza o, forse, onere, cioè la partecipazione attiva e, quindi, un avvicinamento della cittadinanza all’amministrazione. In caso a chi sta questa posizione? Al cittadino comune, a mio avviso. E a chiunque rivolgo un’ulteriore domanda: perché è forte l’astensionismo? Va inteso come una presa di posizione, di disinteresse? Ai miei occhi, appare come carenza d’amore, verso il proprio territorio, verso la propria città. Non è (più) accettabile lo slogan “la politica non fa per me” nella misura in cui siamo chiamati a scegliere chi amministrerà la nostra realtà. Pertanto, “ognuno ha quel che si merita”? Se l’assetto comunale migliorerà in termini di sviluppo, coinvolgimento, si potranno fare i complimenti alla maggioranza, riconoscendo agli elettori della stessa di aver avuto ciò che desideravano, meritavano. Ma se l’esito dovesse essere negativo? Il maggiore responsabile, la peggiore delle cause, sarà l’astensionismo.